Il cateterismo cardiaco nelle cardiopatie congenite


CHE COS'È E A CHE COSA SERVE?
Il cateterismo cardiaco è un esame che permette la diagnosi precisa e dettagliata delle cardiopatie congenite. Spesso, in queste patologie, è necessario conoscere alcuni dettagli anatomici e fisiologici non rilevabili con altre procedure: tali informazioni sono necessarie prima di effettuare un intervento chirurgico, per permettere al cardiochirurgo di decidere la migliore tecnica operatoria, ma possono essere utili anche dopo l'intervento per valutarne il risultato ed evidenziare eventuali difetti residui. Talvolta è necessario effettuare l'esame anche indipendentemente dalla chirurgia per valutare la possibile evoluzione della malattia. In alcuni casi il cateterismo cardiaco assume il ruolo di procedura interventistica: dopo aver completato la parte diagnostica è possibile effettuare, per mezzo di appositi cateteri, interventi terapeutici che permettono di correggere o di migliorare la patologia del paziente.

COME SI ESEGUE?
Il cateterismo cardiaco viene effettuato nel Laboratorio di Emodinamica, una particolare sala dotata di un apparecchio radiologico e di tutte le attrezzature necessarie ad effettuare in modo efficace e con sicurezza le varie procedure.

Queste vengono eseguite in anestesia generale nei pazienti in età pediatrica, in anestesia locale nei pazienti adolescenti o adulti. È necessario prima di tutto che il paziente venga preparato con un bagno o una doccia e con la rasatura dei peli nella zona di cute attraverso la quale verranno introdotti gli strumenti necessari per effettuare l'esame (cateteri). Il campo operatorio sarà rigorosamente sterile, per cui la cute verrà disinfettata, coperta con teli sterili, il cardiologo operatore e i suoi collaboratori indosseranno camici e guanti sterili per evitare l'introduzione di batteri nell'organismo.

Per tale motivo è importantissimo che il paziente, se sveglio, non tocchi la parte di cute sterilizzata, i teli sterili o l'operatore. I cateteri sono appositi strumenti in materia plastica che si introducono generalmente nella vena e/o nell'arteria femorale, poste all'inguine, oppure nei vasi omerali (al gomito), nella vena giugulare interna (a lato del collo), nei vasi dell'ascella o nella vena succlavia (vicino alla clavicola); nei neonati è possibile inserirli attraverso la vena ombelicale. Solitamente i vasi vengono punti con un apposito ago, attraverso il quale viene poi introdotto il catetere.

Qualche volta è necessario mettere "allo scoperto" chirurgicamente il vaso con un piccolo taglio sulla cute. Il catetere viene condotto fino al cuore, sotto il controllo radiologico, per poterne studiare le varie cavità (atrii e ventricoli). In ciascuna cavità cardiaca vengono effettuati prelievi per valutare il contenuto di ossigeno e vengono misurate le pressioni.

Viene poi effettuata l'angiografia, cioè viene iniettato un liquido (mezzo di contrasto) per visualizzare le cavità cardiache e studiarne l'autonomia, la funzionalità, le malformazioni presenti.

Le immagini radiografiche vengono registrate sia su un videoregistratore (o sulla memoria di un computer) per poterle immediatamente rivedere, sia su pellicola cinematografica 35mm, che viene poi sviluppata, così da essere utilizzata per un successivo studio più accurato e per essere conservata in archivio. In alcuni casi è possibile eseguire un cateterismo terapeutico, effettuando la procedura con appositi cateteri che permettono i seguenti interventi:

  • dilatazione di valvole ristrette (nei casi di stenosi valvolare aortica congenita, stenosi valvolare polmonare, alcuni tipi di stenosi mitralica);
  • dilatazione di vasi ristretti (coartazione aortica, recoartazione aortica post-chirurgica, stenosi della vena cava, stenosi dei rami polmonari);
  • ampliamento del difetto interatriale (settostomia) nelle patologie complesse, nelle quali la sopravvivenza è legata al passaggio di sangue attraverso tale foro (trasposizione dei grandi vasi, atresia tricuspide, atresia polmonare a setto interventricolare intatto, atresia mitralica, atresia aortica);
  • occlusione del dotto arterioso pervio (ossia di un vaso che dovrebbe chiudersi alla nascita o subito dopo e che invece in questi pazienti rimane aperto e crea problemi nella circolazione cardiaca e generale) o di vasi anomali.

Per occludere i vasi anomali si ricorre ad appositi strumenti a forma di spirale o di doppio ombrello che vengono portati con gli appositi cateteri e rilasciati nel vaso interessato. Se invece è necessario dilatare vasi o valvole si utilizzano cateteri a palloncino, il cui gonfiaggio per alcuni secondi determina l'allargamento della struttura ristretta. In alcuni casi, dopo la dilatazione di un vaso, si rilascia un apposito tubicino metallico (STENT) per mantenerlo dilatato. Lo STENT rimane nel vaso e viene successivamente ricoperto dai tessuti del paziente; in caso di accrescimento del paziente può essere successivamente redilatato.

Al termine dell'esame, il catetere e la cannula vengono ritirati e il vaso (venoso o arterioso) viene sottoposto a compressione manuale per ottenere la chiusura del foro grazie alla coagulazione spontanea del sangue. Nel caso in cui sia stato esposto chirurgicamente, è necessario suturare il vaso e la cute sovrastante (i punti verranno rimossi dopo alcuni giorni).

Successivamente si effettua un bendaggio che comprime la parte per evitare per evitare la riapertura del foro sul vaso: è necessario quindi mantenere l'arto immobile per alcune ore; il bendaggio potrà essere rimosso dopo 24 ore.

Durante le varie procedure il paziente, anche se sveglio, avverte pochi disturbi: modesto dolore nella sede di somministrazione dell'anestetico locale, una marcata sensazione di calore diffuso a tutto l'organismo nel momento dell'iniezione del mezzo di contrasto, un fugace senso di costrizione toracica nel caso venga effettuata la dilatazione di un vaso o di una valvola.

Dopo la procedura è necessario rimanere a letto e digiuni per alcune ore; è possibile bere liberamente. Dopo 1-2 giorni di ricovero sarà possibile essere dimessi dall'ospedale.


QUALI SONO LE POSSIBILI COMPLICAZIONI?
Il cateterismo cardiaco, diagnostico o interventistico, può essere considerato alla pari di un piccolo intervento chirurgico; attualmente i suoi rischi sono molto contenuti, variano però in base alle procedure effettuate, alla patologia da cui è affetto il paziente, alla sua età, alle sue condizioni cliniche: avrà un rischio non trascurabile in un neonato affetto da una grave malformazione, in condizioni cliniche instabili, mentre avrà un rischio minimo in un paziente più grandicello, affetto da una cardiopatia congenita non complessa, in ottime condizioni generali. Generalmente il rischio di complicazioni gravi è circa del 2%; le complicanze maggiori possono essere la morte (rarissima), lesioni cardiovascolari che richiedono l'intervento cardiochirurgico urgente, importanti disturbi del ritmo cardiaco (compreso l'arresto cardiaco, reversibile con apposite manovre di rianimazione), l'occlusione di vasi sanguigni a livello polmonare o di altre parti del nostro sistema vascolare, il sanguinamento che può richiedere la trasfusione di sangue (raramente nei pazienti più grandi), complicazioni vascolari nel punto di introduzione del catetere, reazioni allergiche gravi al mezzo di contrasto; un poco più frequenti sono le complicazioni minori, tutte reversibili, che possono essere costituite da lievi e transitori disturbi del ritmo cardiaco o alterazioni dell'elettrocardiogramma, ematoma sul vaso in cui è stato introdotto il catetere, convulsioni di breve durata, manifestazioni allergiche minori.